Le interfacce conversazionali sono sistemi progettati per consentire un’interazione più naturale e fluida tra azienda e utente. Alla categoria delle conversational interfaces appartengono chatbot e assistenti vocali, ovvero gli agenti intelligenti in grado di intrattenere una conversazione con l’utente.
Le interfacce conversazionali, infatti, si basano su un’intelligenza artificiale di tipo colloquiale, sempre più vicina al modo di comunicare dell’utente. Ciò fa sì che queste interfacce siano considerate il futuro dell’interazione uomo-macchina perché sempre più vicine al modo di comunicare umano e dunque ai bisogni dell’utente.
La “conversazione come piattaforma”
L’evoluzione tecnologica, dunque, prima ci ha messo davanti a macchine in grado di elaborare il linguaggio naturale per poi evolversi verso macchine in grado non soltanto di processarlo ma anche di capirlo, grazie all’applicazione dei principi del Machine Learning e del Natural Language Processing ai sistemi di AI.
Oggi possiamo parlare di “conversazione come piattaforma” ed è questa la strada che percorrono le interfacce conversazionali.
“Parliamo di Conversational Interface quando facciamo riferimento all’uso combinato di voce, chat e qualsiasi altro mezzo comunicativo attraverso oggetti grafici quali bottoni, immagini, menù e video.”
Il risultato? Un’esperienza che dovrebbe essere per l’utente più ricca, dinamica e praticamente personalizzata. Anche grazie all’intelligenza artificiale e alla ridotta quantità di input immessi dall’utente, ci sarà sempre più naturalezza nell’interazione; informazioni precise fornite gradualmente avranno delle risposte specifiche creando, in poche parole, una conversazione.
Il rapporto sui trend della rete per il 2016 stilato da KPCB, ha infatti rivelato che l’espansione dell’intelligenza artificiale non è solo interessante ma che è una vera e propria rottura del paradigma. Questa tecnologia continua ad evolversi permettendo livelli di accuratezza molto alti (i chatbot, per esempio, hanno una accuratezza del circa 95%) e immaginando che la maggior parte delle persone non percepisce la differenza tra il 95% e il 99%, questo può essere considerato un vero punto di svolta.
Due possono essere considerati i motivi principali per la loro veloce diffusione: il fatto che le interfacce conversazionali sono multipiattaforma e che si possono integrare in molteplici servizi.
Vedere qualche esempio è sicuramente un buon modo per capire da dove siamo partiti e fino a che punto siamo arrivati (e, perché no, ci permette di immaginare il futuro).
Alcuni esempi di interfaccia conversazionale.
Telegram
Telegram, l’app di messaggistica, mette a disposizione dei propri utenti la possibilità di ricevere messaggi in automatico (seguendo i propri interessi) grazie alla creazione di bot specializzati: c’è @trackbot che permette di ricevere notifiche sulle nostre spedizioni o @pricetrakcbot che monitora i cambiamenti di prezzo di un oggetto su Amazon.
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Amazon Alexa
L’assistente personale intelligente creata da Amazon, usa come interfaccia uno speaker (Echo, che a breve dovrebbe essere disponibile anche in italiano) che risponde a comandi vocali anche abbastanza complessi: si può ad esempio ordinare una pizza o saltare le canzoni di una playlist.
Typeform
Typeform, specializzata nella creazione di form, ha ideato un articolo interattivo che combina contenuti tradizionali e conversazionali, in grado di fornire approfondimenti sugli argomenti trattati. Lo trovate qui e noi vi consigliamo di provarlo.
Google Home
Il gigante di Mountain View ha mostrato al mondo quant’è facile parlare con una macchina. Sebbene il numero di G Home in circolazione sia minore degli Echo di Amazon, Google sta iniziando a guadagnare terreno, grazie anche all’integrazione con servizi esterni. Potrete infatti parlare con qualsiasi brand abbia scelto di creare il suo chatbot su Google Home, KLM e LonelyPlanet ci sono già
“Hey Google, can I talk to KLM?”.
L’intera esperienza conversazionale si differenzia dalle altre, soprattutto grazie alla famosa attenzione che Google pone sugli utenti.
Anche se l’obiettivo è quello di rendere l’interazione la più fluida possibile, la domanda può sorgere spontanea: in questo modo, si potrà mai sostituire completamente l’esperienza di interazione umana? Anche se, grazie alla fantascienza, ci piace pensare di sì, la risposta per ora è no.
Il sogno delle interfacce conversazionali è quello di permettere finalmente agli esseri umani di “parlare” ai computer lasciando l’onere al software di capire come fare le cose. Pensiamo quindi che l’uso delle interfacce conversazionali, grazie alla loro semplicità, migliorerà la nostra esperienza prima con le macchine e inevitabilmente con tutto ciò che ci circonda.
Finalmente stiamo insegnando alle macchine come capire l’essere umano, e non il contrario.
Quale sarà il futuro delle interfacce basate su Ai di tipo conversazionale?
Stiamo assistendo ad una peculiare trasformazione del modo di interagire con i nostri device, un’inversione di rotta. Siamo stati abituati fino ad ora ad adeguarci ad un tipo di interazione che per noi non è naturale. Prendete ad esempio il QR Code, uno dei motivi del suo fallimento sta semplicemente nel fatto che costringe le persone ad adottare il linguaggio delle macchine e non viceversa. Ci obbliga a perdere un po’ della nostra natura per imparare ad interagire con i nostri dispositivi. Le interfacce conversazionali (o i touch screen per esempio), invece, ci consentono di conservare il nostro naturale modo d’interagire con il mondo, di toccare e di parlare nel più semplice dei modi. Finalmente stiamo insegnando alle macchine come capire l’essere umano, e non il contrario.
Tornando alla domanda iniziale: ci siamo riusciti?