Apparentemente in contrasto l’uno con l’altro, il linguaggio conversazionale e le interfacce grafiche sono i due elementi che compongono il flusso di dialogo. Nella nostra guida su come creare un chatbot che permettono l’installazione di chatbot abbiamo affrontato l’argomento di sfuggita.
Adesso è arrivato il momento di approfondire il tema per capire quando conviene utilizzare l’interazione conversazionale e quando, invece, risultano più utili le interfacce classiche.
UI classica vs NLP
In linea teorica, l’uno sembra escludere l’altro. Dal punto di vista del data scientist, concentrato sullo sviluppo del NLP (Natural Language Processing) impostare un bot gestito esclusivamente con l’uso di pulsanti è una scelta abbastanza paradossale, perché, da strumento conversazionale, viene convertito in una struttura ad albero rigida.
D’altro canto, i bottoni, gli slider e tutte le componenti delle UI classiche sono un ottimo strumento per semplificare e rendere immediata la navigazione del bot. Entrambi, aspetti molto importanti, se si tiene presente che chi consulta un bot vuole risposte e soluzioni il più immediate possibili.
Quando usare la UI classica
Come regolarsi sull’uso dell’UI all’interno del flusso? Dipende dalla funzione del bot e dall’interfaccia di messaggistica su cui viene caricato. I due aspetti sono strettamente legati.
Abbiamo già parlato della differente elaborazione grafica dei pulsanti tra piattaforme come Messenger e Slack.
“Il web, dopotutto è fatto di tasti e pulsanti.”
In generale però, i tasti e le interazioni classiche delle interfacce sono una risorsa fondamentale nella costruzione di un’esperienza conversazionale. Il loro vantaggio intrinseco risiede nella loro capacità di catturare velocemente l’attenzione dell’utente e di ingaggiarlo subito nell’interazione.
La versatilità li rende un ottimo modo per creare lead e per questo non dovrebbero mai essere sottovalutati. Il web, dopotutto è fatto di tasti e pulsanti. Alcuni pattern di interazione non possono prescindere dal loro uso, come finalizzare un acquisto, eseguire un login o scorrere una lista prodotti.
Landbot è uno dei migliori esempi di come un interfaccia conversazionale composta soltanto da interazioni statiche possa migliorare l’esperienza utente. Per dimostrarlo, hanno trasformato tutto il loro sito in una conversazione guidata soltanto da tasti.

Quando usare il NLP
Uno dei primi casi che ci viene in mente per l’utilizzo dell’NLP sono i bot per il customer service. Le interazioni tra gli utenti e questi chatbot sono connotate da un’elevata specificità, il che li rende il terreno ideale per l’utilizzo del NLP.
L’NLP, in generale, consente di abilitare una tipologia d’interazione che facilita gli utenti alla ricerca di informazioni specifiche, o al contrario, può essere utile nell’orientarli quando si sentono smarriti.
Il linguaggio, soprattutto, è l’ingrediente chiave per rendere l’esperienza utente più umana e meno frustrante. Un esempio è Xiaoice, chatbot in cinese sviluppato da Microsoft. Per insegnare a Xiaoice a conversare, Microsoft ha collezionato una miriade di conversazioni tra persone online. Questo lo rende capace di affrontare senza troppi problemi una conversazione con un essere umano, e di portare l’interazione ad un livello di personalizzazione e di soddisfazione dell’utente che non sarebbe mai raggiungibile con un UI tradizionale.
La soluzione è un ibrido fra NLP e UI
Le migliori esperienza conversazionali sono basate su entrambi gli approcci. Google Assistant e Alexa Echo Show sono degli esempi lampanti.

La giusta soluzione è, quindi, nel mezzo. Un chatbot disegnato per l’assistenza clienti o per la vendita di un prodotto/servizio deve essere capace di orientare l’utente, anche nel caso non abbia le idee chiare su quello che cerca. Funzione che, con i soli bottoni, non è raggiungibile.
D’altro canto, nel momento in cui l’utente ha concretizzato la propria esigenza, le classiche interazioni con bottoni sono un formidabile strumento per concludere l’esperienza con l’azione finale più giusta, come l’acquisto.
Scegliere il giusto rapporto tra conversazione libera e UI classica non è facile, bisogna riuscire a trovare la corretta armonia tra i due. Da un lato c’è il rischio di frammentare il flusso dell’esperienza utente e frustrarlo, dall’altro c’è la possibilità di snaturare il nostro chatbot e renderlo una pallida imitazione di una conversazione. Ecco perché, quando creiamo i nostri assistenti virtuali, dobbiamo sempre avere in mente che l’obiettivo finale è quello di creare valore per l’utente finale.
Per offrire la miglior UX possibile, bisogna combinare tasti e parole, linguaggio e immagini.