L’intelligenza artificiale in politica è per lo più assente a livello globale, ma se l’AI entrasse in questo scenario potrebbe cambiare le carte in tavola in qualsiasi momento: un potenziale che va governato per non minare la fiducia degli elettori.
Le recenti elezioni in USA ci hanno portati a fare una riflessione sul tema dell’applicazione dell’intelligenza artificiale in politica e in particolare sul deepfake, il grande assente sulla scena politica americana. Almeno fino ad ora.
Durante le ultime battute elettorali tra democratici e repubblicani, la paura di un ingresso in scena dei deep fake video è diventata reale, specie nel momento in cui, appresa la vittoria di Biden, Donald Trump ha avviato azioni mediatiche e legali contro il neo presidente degli USA.
Probabilmente, questa situazione potrebbe portare ancora oggi Trump a giocarsi i deepfake video come asso nascosto nella manica. D’altra parte è vero anche che non abbiamo mai avuto esempi reali di come l’intelligenza artificiale possa pilotare un’elezione.
Ad oggi, infatti, a sostegno delle attività di comunicazione e storytelling costruite intorno al candidato, sono state sufficienti semplici shallow fake, video rallentanti o lievemente alterati senza l’ausilio dell’intelligenza artificiale.
Il successo degli shallow fake video è dovuto semplicemente al fatto di alimentare una narrativa nota all’utente, che si sposa perfettamente con la sua visione del mondo. Dal punto di vista tecnologico però, non spaventano.
Il deepfake invece, è una possibilità che incute maggior timore perché è qualcosa di molto più serio e avanzato tecnologicamente, difficile da creare e anche da riconoscere. Il rischio è che i deepfake video, se usati ad arte, possano in qualche modo entrare nella scena politica e condizionare il comportamento degli elettori, ancor più di quanto già non facciano i social e i video fake virali.
Creare video deepfake non è cosa da tutti!
Distinguere un video deepfake da un video reale o uno shallow fake video è molto complesso. Un team di esperti in tecnologia deepfake avrebbe bisogno di molto tempo per capire se si tratta di un falso e non è detto che alla fine riuscirà a capirlo.
Ma come mai è così difficile distinguere un deepfake da un semplice video? Partiamo da una precisazione tecnica per capirlo.
Per creare video deep fake si utilizzano algoritmi di intelligenza artificiale che sovrappongono due video già esistenti e indipendenti. Il deepfake si basa sutecniche di Deep Learning, cioè su reti neurali strutturate su vari livelli di profondità, allenate a imparare modificando la propria struttura.
In particolare, vengono utilizzate delle GAN (Generative Adversarial Network), ovvero due reti neurali che “giocano” tra loro in una sorta di guardie e ladri in cui una rete cerca di diventare sempre più brava a creare dei falsi e l’altra a scovarli. Questo botta e risposta si svolge con velocità impensabili per degli esseri umani e ha come effetto la produzione di deepfake video sempre migliori.
Per creare simili algoritmi è necessario possedere strumenti sofisticati difficilmente accessibili a chiunque, diversamente da un’app per la creazione di video fake, ad esempio. Ecco spiegato il motivo per cui questa applicazione dell’intelligenza artificiale in politica è, al momento, assente.
D’altra parte, non avrebbe neppure senso inondare la rete di video fake realizzati ad arte, in quanto sono più che sufficienti semplici video virali per sostenere la narrativa di una campagna elettorale.
Le responsabilità dei social nella propagazione di video fake
In tutto questo, i social hanno una responsabilità enorme in quanto non fanno altro che amplificare le notizie e rendere virali i contenuti, anche i video fake, naturalmente.
Attraverso i social si fanno spazio per lo più contenuti che infiammano e dividono l’opinione pubblica. Non c’è alcuna attenzione verso la selezione di notizie e la verifica della loro veridicità. E così, la verità, diventa un’eco sempre più inferiore delle fake news.
Maggiore è la condivisione dei contenuti, maggiore è il livello di engagement e, di conseguenza, il profitto. Per questo motivo, la rete non è mai stata né mai sarà neutrale. Finché saranno le metriche a guidare il mercato, l’interesse sarà rivolto verso contenuti acchiappa click, come i deepfake video. Informare il pubblico che sta guardando un video fake non sarà più una priorità, se mai lo fosse stata.
Sempre le elezioni 2020 USA portano alla ribalta il problema: pare infatti che proprio Facebook abbia escluso dalla sezione news alcune testate pro dem; ma nel mirino sono finite anche le comunità locali vittime di fake news. Ad esempio, sembra che siano state create alcune notizie false in lingua spagnola con l’obiettivo di influenzare il voto della comunità latina. Questo tipo di contenuti passano sotto i radar dell’informazione mainstream per via della lingua diversa e proprio per questo motivo sono in grado di condizionare il voto senza che nessuno se ne accorga.
In conclusione, ci troviamo ancora una volta di fronte a un bivio: la ricerca ci ha dotati di uno strumento eccezionale come l’intelligenza artificiale e ci ha lasciati liberi di usarlo per migliorare le nostre vite, o per distruggerle. Spetta a noi decidere come sfruttare questo enorme potenziale.