L’arrivo dell’Intelligenza artificiale e dei chatbot nei call center e nei contact center aziendali, è l’occasione per aggiornare e qualificare il personale umano impiegato nei servizi in outsourcing e anche di ottimizzare e migliorare l’assistenza clienti.
Chatbot e call center: l’intervento di Salvatore Palange di Fuel su chatbot e call Center
Fluel, società di Salvatore Palange che organizza eventi su intelligenza artificiale e cybersecurity tra Roma, Torino e Milano, lo scorso 17 luglio ha chiesto a Gianluca Maruzzella, CEO e co-founder di Indigo Ai un parere sull’uso dei chatbot nei call center e sul rapporto tra chatbot e operatori umani nel servizio clienti. La risposta è contenuta in un breve audio caricato su Youtube.
Il tema “chatbot e call center” è attuale, dato che l’ingresso dei chatbot e della robotica nel mondo del lavoro, e in particolare nel settore dell’assistenza clienti, solleva questioni che fino a qualche anno fa erano inimmaginabili. Vale la pena, quindi, riprendere il filo del discorso e cercare di capire a che punto siamo in Italia e nel resto del mondo.
Come cambia il mondo del lavoro con i chatbot
La prima applicazione dell’intelligenza artificiale, che abbia avuto degli effetti diretti sulla vita di tutti i giorni, è di certo quella nelle fabbriche. Partire da qui, può aiutare a dare concretezza al tema che stiamo affrontando.
L’ingresso dei bot nei processi produttivi non è stato tutto “rose e fiori”. Anzi. Una ricerca della Boston University ha calcolato che, negli Usa, tra il 1990 e il 2007, l’automazione ha cancellato 670mila posizioni tra industria e indotto.
Questo accadeva nove anni fa. Oggi le cose sono cambiate e con loro anche la percezione dell’impatto dei robot sul mondo del lavoro.
I vantaggi dell’automazione nel mondo del lavoro
La Quarta Rivoluzione Industriale è iniziata soltanto da poco e se ne calcolano gli sviluppi su tutto il globo nell’arco dei prossimi 20–30 anni. Il processo è partito anche nel Vecchio Continente; in paesi come Germania e Inghilterra, a velocità più sostenuta rispetto ad altri, come l’Italia.

Secondo una recente ricerca di Randstad, il 46% dei lavoratori italiani ritiene che l’automazione migliorerà il proprio lavoro; per il 37% non ci sarà alcuna influenza.
Il restante 11% è meno ottimista e teme l’arrivo delle nuove tecnologie.
Ma c’è ben poco da fare. I processi produttivi sono destinati a cambiare e l’obiettivo deve essere la maggiore sinergia possibile tra umani e macchine.
L’Osservatorio Industria 4.0 ha fatto un esperimento: ha fornito ad un operaio su una linea produttiva un tablet, sul quale riceveva informazioni in tempo reale sul pezzo da realizzare.
Il risultato è stato un incremento di produttività del 20% ed una maggiore soddisfazione da parte del lavoratore, che ha avuto modo di acquisire competenze informatiche che non aveva.
“L’automazione cognitiva — spiega l’Osservatorio — supporta i lavoratori per migliorarne le prestazioni. Se io fornisco all’operatore maggiori informazioni, aumenta la sua produttività, perché non perde tempo a capire cosa deve fare attraverso più di passaggi”.
Secondo l’indagine, il 58% dei lavoratori intervistati è felice di riqualificarsi, a patto che il proprio stipendio non venga intaccato dall’affiancamento di automi.
La riqualificazione del personale e la sua specializzazione è un aspetto fondamentale. Lo è ancora di più se parliamo di automazione del lavoro sul web, come nel caso dell’intelligenza artificiale applicata alle chat che offrono customer care, retail e marketing.
Parliamo quindi di chatbot, veri e propri robot capaci di interagire con gli utenti comprendendone le esigenze e dando risposte previste a monte nella costruzione del flusso di dialogo e della user experience.
A luglio abbiamo raccontato l’esperienza di AdmitHub, un’intelligenza artificiale per l’università che offre agli studenti americani servizi di orientamento universitario.
L’algoritmo intelligente di risposta automatica smaltisce un livello di informazioni basico, facilmente delegabile dall’operatore fisico. Il quale può concentrarsi su un’assistenza più approfondita e qualificata.
Questo è un perfetto esempio di come macchine e esseri umani possono concorrere al funzionamento di un sistema che, nel caso in questione, sta facendo bene alla pubblica istruzione.
Alcuni dati economici sull’uso dei chatbot nell’assistenza clienti
L’uso del chatbot nel campo dell’assistenza clienti sta permettendo alle istituzioni pubbliche di offrire un efficiente servizio di user care con importanti risparmi sulle finanze.
Sul fronte commerciale, l’intelligenza artificiale può essere il pretesto per rivitalizzare un settore che non sta brillando. Un’indagine della Cerved, Il mercato italiano dei contact center (2016), spiega come l’intero segmento stia perdendo terreno.
Tra le ragioni: la sostanziale presenza di un oligopolio che frena la concorrenza e la qualità dei servizi,ì offerti da un esercito di lavoratori e lavoratrici (circa 49.000) spesso mal pagati e non motivati da mansioni ripetitive e non qualificanti.
Nel suo studio, l’agenzia di rating informa che il settore “si conferma a bassa marginalità e presenta un MOL (l’indicatore di redditività calcolata sulla gestione operativa dell’azienda, ndr.) in diminuzione: dal 5,7% del 2013 al 3,8% del 2014”.
Anche la redditività del capitale proprio è negativa: “il ROE — si legge — risulta in netto peggioramento, passando dal 9,4% del 2013 al -6,3% del 2014”.
I servizi in cui i contact center lavorano di più in Italia sono quelli che fanno parte dell’assistenza clienti attraverso web, social media e call center. Il valore dell’indotto, nel 2015, ammontava ad oltre 32 milioni di euro (+23% circa rispetto al 2014).
Inoltre, si fa sempre più forte l’impiego di risorse professionali “soprattutto per le attività a maggior valore aggiunto”.
È necessario, quindi, liberare le risorse degli attuali 190 outsourcers (130 sedi in tutta Italia), dalle mansioni più basiche, per concentrare le loro competenze su livelli di assistenza più qualificati. In questo, i chatbots possono essere molto utili.
I mercati che attualmente fanno più uso di intelligenza artificiale e chatbot nel customer care sono Editoria, Retail, Food, Farmaceutico, Finanziario, Assicurativo, Utilities, Consumer goods/High tech, Pubblica amministrazione, Gaming.
Secondo dati recenti forniti da Venturebeat, i consumatori che si approcciano ad un customer care, in cui le mansioni meno qualificate vengono delegate ai chatbot online, si dicono altamente soddisfatti dalla qualità dell’assistenza ricevuta dagli operatori fisici che, potendo dedicarsi a consulenze più approfondite, vivono il lavoro più serenamente.
Grande soddisfazione anche da parte delle imprese che, con i chatbot, riescono a offrire un servizio clienti più efficiente, risparmiando anche sul personale. Robert LoCascio, CEO della società americana LivePerson, ha dichiarato di aver ottenuto una crescita dell’efficenza tra i 30 e i 35 punti percentuali.
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