Devi creare un chatbot? Abbiamo confrontato le principali caratteristiche di Messenger, WeChat, WhatsApp, Telegram, Skype e Viber. I migliori sistemi di messaggistica che consentono l’installazione di assistenti virtuali
Prima di iniziare ad affrontare l’argomento, è fondamentale chiarire un punto: il chatbot è slegato dalla parte di visualizzazione, di interfaccia; né è rappresentato dall’insieme dei messaggi che l’utente scambia con esso.
L’assistente virtuale è il risultato di un lavoro di programmazione che soltanto in fase operativa si riaggancia ad un’interfaccia (la piattaforma) per lo scambio di conversazioni con l’utenza.
I primi esperimenti di adattamento delle piattaforme ai bot conversazionali sono iniziati negli ’90 ma è stato l’asiatico WeChat, nel 2013, ad aprire la strada per la commercializzazione su scala mondiale di questa teconologia.
Due anni dopo Telegram ne avrebbe seguito le orme, mantenendo un vantaggio competitivo che si è esaurito quando anche WhatsApp si è dotato della crittografia per le conversazioni.
Tra i sistemi dedicati esclusivamente alla messaggistica che permettono l’installazione di assistenti virtuali, ci sono anche Viber e Skype. Accanto a questi si aggiungono piattaforme, come Slack, dedicate al mondo del lavoro.
L’utilizzo dei chatbots conversazionali nel marketing, customer care e sales è esploso in Occidente soltanto un anno fa, con l’apertura di Mark Zuckerberg alla loro installazione gratuita nella messaggistica di Facebook.
La ragione è semplice: la piattaforma era già ricca di marketplaces e di pagine business che non aspettavano altro di poter accedere a chat automatizzate per diffondere i propri contenuti commerciali.
Dopo queste brevi premesse possiamo entrare nel vivo del tema, partendo dalle due strade possibili nella scelta del sistema di messaggistica da utilizzare: realizzarne uno da zero; utilizzare uno esistente.
Indice dei contenuti
Creare un chatbot: piattaforma interna o precostituita?
La scelta di una piattaforma preesistente o costruita ad hoc è strettamente collegata alla policy aziendale e al tipo di cliente che avete di fronte.
Nella maggior parte dei casi, l’uso di un’interfaccia interna non è consigliata perché la complessità della configurazione della macchina (dalla sincronizzazione dei dati alla generazione e gestione dei messaggi) può essere un peso inutile da sostenere vista l’esistenza di servizi preimpostati e gratuiti.
A volte, però, la realizzazione di una piattaforma può essere necessaria. Come nel caso in cui il cliente richieda l’installazione dell’assistente virtuale in una chat interna ad una pagina web o nel caso in cui richieda l’uso di una chat fruibile senza autenticazione degli utenti.
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A quest’ultima categoria appartengono le aziende che operano in mercati a regime controllato, come quello della vendita di energia. In questi casi alcuni tipi di informazioni, come quelle relative alle tariffe, devono essere pubbliche e divulgate senza obblighi di registrazione.
Nulla toglie, ovviamente, che il nostro ipotetico chatbot operante in un mercato “parastatale”, possa avere ulteriori sezioni con autenticazione in cui l’azienda fornisce contenuti e servizi non vincolati.
Quale piattaforma scegliere per costruire il tuo chatbot? Condividi il TweetInfine, al netto delle difficoltà di programmazione, c’è da dire che un’interfaccia proprietaria garantisce un’autonomia maggiore ed una maggiore reattività nella risoluzione degli eventuali problemi di sistema che possono sorgere.
Gli strumenti per creare un chatbot
Ogni piattaforma ha un set di elementi a disposizione dell’utente. Questo permette di arricchire il flusso di dialogo con il bot che, altrimenti, sarebbe esclusivamente testuale.
Diamo un’occhiata alle principali caratteristiche delle principali interfacce di messaggistica.
Pulsanti
Tutte le piattaforme permettono l’inserimento di pulsanti per dare ordini e compiti al bot. Le varie piattaforme propongono questo sistema dinavigazione in formati diversi.
Su Facebook si presentano come veri e propri bottoni; mentre su Telegram sono mostrati come dei collegamenti ipertestuali.
Si tratta di scelte stilistiche che designer e sviluppatori studiano in base alla percezione che se ne vuole dare. Su Telegram, come anche su Slack, i pulsanti vengono percepiti come un comando da dare; su FB, l’utente li percepisce come una opzione, un arricchimento della UX.
Dal punto di vista di chi studia e realizza il Natural Language Processing (NLP), un chatbot gestito tramite pulsanti è un’interfaccia senza testo. Abbastanza paradossale come scelta nello sviluppo di un chatbot, perché da strumento conversazionale, diventa una struttura ad albero navigabile attraverso bottoni.
Cosa far prevalere? Una UX basata sul dialogo o su opzioni/comandi? Ancora una volta, la forma riflette la sostanza. Dipende dalla funzione del bot.
Incontreremo molti bottoni in bot dedicati a servizi specifici, come il customer care e in quelli di puro engagement; avremo invece una navigazione conversazionale in bot che hanno il compito orientare l’utente attraverso una varietà di servizi.
In questo caso, Facebook offre la possibilità di arricchire il dialogo di suggerimenti testuali per l’utente (Quick Actions) che serviranno a “istruire” l’utente per guidarlo verso l’obiettivo.
Caroselli
Si tratta di slider che servono sia per suggerire azioni (acquisti, contatti da aggiungere etc.), sia per aggiornare l’utente sulle attività di gruppi e pagine seguite.

La sua è una struttura classica delle pagine web. Anche per questo motivo, piattaforme nate mobile, come Telegram e WhatsApp, non lo contemplano.
Su Facebook il carosello è utilizzatissimo – anche per la possibilità che ha dato di raccogliere e ordinare la grande quantità di informazioni che già aveva in pancia – e si presenta con immagini e titoli.
Questo strumento prevede limiti di utilizzo che variano da sistema a sistema. Zuckerberg, ad esempio, non permette di superare i dieci elementi per scheda.
Il carosello è funzionale soprattutto per finalità business ma è utilizzato anche da piattaforme come Skype, incentrate sul b2b piuttosto che sul b2c. Il risultato è, però, una funzionalità ridotta.
Web View e Web Extension
La Web View è una componente di sistema che consente alla piattaforma di mostrare contenuti web su mobile.
Un vero e proprio browser che si apre all’interno del tool, esattamente come accade per Android con le componenti che utilizzano tecnologia Chrome.

La Web Extension è una sottocategoria della web view, è specifica di Messenger e dà accesso ad una funzionalità in più: realizzare una piccola app web che consente al programmatore del chatbot di accedere a librerie per il recupero dell’ID degli utenti. Il risultato è la localizzazione dell’area geografica da cui si stanno collegando alla pagina.
Questa informazione è oro per conoscere l’Intent degli utenti e quindi per offrire il tipo azioni e informazioni più giuste.
Al contrario del carosello, è possibile inserire la Web Extension anche se non è implementata nell’interfaccia utilizzata, creando un’app web a parte, da integrare in chat insieme all’eventuale feedback.
In questo caso, però, occhio ai problemi di privacy e sicurezza.
Senza l’estensione preimpostata di Messenger, il recupero dell’ID avviene inserendo nell’url del link di riferimento, il parametro necessario. Un processo – non immediato – che richiede la crittografia dei dati.
Localizzazione
La possibilità di tracciare l’utente ha migliaia di risvolti facilmente immaginabili. La sua localizzazione permette, ad esempio, di consigliare le indicazioni più giuste e di cambiare la lingua in funzione della sua posizione.
Le piattaforme che prevedono questa opzione sono Telegram e Messenger, con modalità diverse. La prima ottiene i dati del GPS in automatico, senza interpellare l’utente. Facebook, invece, procede alla tracciatura soltanto dopo averne richiesto l’autorizzazione.
Una differenza dovuta probabilmente alle differenti legislazioni dei paesi in cui si trovano i server e alla quantità e varietà di informazioni che i due sistemi gestiscono (FB, di certo, accede a molti più dati dati rispetto a Telegram), con evidenti e differenti implicazioni per quel che riguarda la privacy.
Chat di gruppo
L’ultimo aspetto relativo alla messaggistica che vogliamo affrontare in questo post, è la possibilità di inserire i bot nelle chat di gruppo.
Tutte le piattaforme dotate di chatbot lo prevedono, ad eccezione di Facebook che, fino ad oggi, ha dato più peso alla sua propensione verso il marketing che alla messaggistica tout court.
Questa opzione è molto diffusa tra i bot organizzativi del lavoro e quelli dedicati al tempo libero (come l’ascolto di playlist musicali).
Nel caso in cui la piattaforma che utilizzate non preveda la gestione delle chat di gruppo, è possibile emulare la funzione, reindirizzando manualmente il messaggio agli utenti.
Pagamenti
Su questo fronte, paesi come la Cina sono molto più avanzati rispetto all’Occidente dove questo servizio è ancora poco sviluppato.
L’interfaccia più usata nell’Emisfero asiatico è WeChat, un sistema che raggruppa in un solo luogo le funzionalità che, da quest’altra parte del mondo, sono distribuite tra Facebook e WhatsApp.

La piattaforma cinese non prevede il semplice collegamento a sistemi di pagamento esterni, ma permette di collegarsi ad una molteplicità di servizi, da Uber alle consegne a domicilio, fino ad arrivare agli acquisti nei negozi fisici attraverso semplici QR Code. Pratica che, in paesi come l’Italia, sta prendendo piede soltanto oggi.
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In Occidente, il servizio di pagamento via chatbot è previsto soltanto da Messenger ma, per ragioni normative, è disponibile esclusivamente per gli Stati Uniti d’America. Anche se sembra che gli sviluppatori di Zuckerberg stiano lavorando per estenderlo anche in Europa.
Ma nulla a che vedere con la sorella asiatica, dato che il servizio di pagamento su FB non offre la ricchezza della user experience firmata WeChat.
Sperimentata per la prima volta in un servizio di acquisto e consegna di fiori, la versione di Messenger si limita a garantire un sistema di pagamento sicuro sulla falsa riga del classico e-commerce.
Anche per quanto riguarda i pagamenti, è possibile implementare il servizio manualmente nel caso in cui la piattaforma utilizzata non lo preveda.
In definitiva, la scelta della piattaforma migliore sulla quale far vivere il vostro chatbot è strettamente legata alle vostre necessità.
Probabilmente, le piattaforme migliori per l’utilizzo sul workplace sono Slack e Skype, per via gli strumenti forniti e per la vasta diffusione nei luoghi di lavoro. Per quanto riguarda le applicazioni rivolte alla comunicazione business to people, la piattaforma che sta facendo da apripista è Facebook Messenger.
Nel mondo occidentale, infatti, FB è l’unica piattaforma che ospita sia utenti che business e dove possiamo trovare maggior valore per i nostri chatbot.
Raggiungibilità
In che modo l’utente può intercettare il chatbot di cui ha bisogno? Esistono canali e fonti adatte a questo tipo di ricerca ma esistono anche sistemi dedicati, come quello di Facebook che permette il collegamento automatico via QR Code. Tutte le piattaforme mettono a disposizione un motore di ricerca dei propri chatbot. In particolare Facebook, ha da poco introdotto la sezione Discovery, dove vengono pubblicati i migliori chatbot sviluppati dalla community.